Se usi Google Shopping stai pagando il click il 20% in più

Se stai leggendo questo articolo probabilmente ti starai domandando se il titolo non sia stato volutamente sensazionalistico per suscitare la tua curiosità. 

La notizia in realtà non è di quelle nuove, in Germania e Regno Unito già il 50% degli e-commerce hanno già adottato questa nuova strategia.

Riepiloghiamo brevemente la storia. Nel 2004 debuttò un servizio Google, denominato Froogle, che seppure malamente mostrava i prezzi di migliaia di prodotti, l’intenzione dell’allora manager Marissa Mayer era entrare nel mercato del product listing presidiato da player del calibro di eBay e Amazon.
Il servizio venne rinominato nel 2008 “Google Product Search” e poi nel 2013 acquisì la denominazione e la fisionomia attuale di Google Shopping.

Per chi ancora non lo conoscesse, semplifico dicendo che Google Shopping è un comparatore di prezzi dove offerte di prodotti e/o servizi proposte dai propri inserzionisti avviene attraverso il programma pubblicitario Google Ads (ex Google Awords) che le mostra nei risultati del motore di ricerca.
In Europa  esistono numerosi comparatori di prezzi, in Italia il più conosciuto probabilmente è trovaprezzi.it, ma in ogni nazione c’è n'è più d’uno, io ad esempio ho utilizzato Kelkoo, il primo comparatore nato in Francia nel 1999 e leader in Europa.

Tutti i comparatori di prezzo lavorano costantemente a livello SEO per migliorare l’indicizzazione ed il posizionamento delle proprie pagine verticali su categorie di prodotti e/o di singoli articoli (e tendenzialmente ci riescono !!!); laddove è necessario e sostenibile economicamente acquistano posizioni con annunci pubblicitari a pagamento.

Evidentemente ciò non è bastato a Google, che nel restyle del layout della propria SERP ha spostato la visualizzazione dei prodotti presenti in Google Shopping in testa, facendo retrocedere i concorrenti e secondo la Commissione Europea abusando della propria posizione dominante.

Morale: ammenda di 2,424495000 miliardi di Euro ed invito a ristabilire l’equilibrio entro 90 giorni dalla pubblicazione della decisione della Commissione dando parità di accesso del servizio anche ad altri soggetti; qualora ciò non avvenisse la sanzione potrà raggiungere il 5% del fatturato giornaliero medio mondiale di Alphabet, la società madre di Google.

Ora tralasciando l’aspetto del calcolo della multa e gli strascichi legali delle cause per risarcimento del danno per la violazione delle norme antitrust, trovavo utile ripercorrere questa vicenda per far meglio comprendere la genesi del fatto di cui sto parlando: cosa cambia, è già cambiato o cosa cambierà per gli e-commerce italiani ed europei ?

Google già da metà luglio 2017 ha creato Google Shopping Europe e rilasciato un nuovo servizio il Comparison Shopping Services (CSSs), un programma a cui i competitors, che Google ora chiama CSS Partner possono accedere utilizzando la stessa infrastruttura del Google Shopping tradizionale, pubblicando l'inventory dei propri inserzionisti.

Nella pratica ogni e-commerce, utilizzando lo stesso feed di Google Shopping potrà avere tanti Google Merchant Center (GMC) quanti CSS partner sceglierà; poi a seconda del modelli di business dei CSS Partner potrà scegliere se pagare a lead, a commissione, o altro perché magari più verticalizzato su un settore e con migliori performances oppure continuare a pagare sempre a Google, come ora.
 

Scegliendo un CSS Partner il risparmio è del 20%, perché questo è il margine minimo che la Commissione ha previsto, ma per budget elevati si può salire.

Il “bid” ovvero l’offerta che l’inserzionista è disposto a spendere quando verrà cliccato viene deciso dall’algoritmo del CSS Partner, sulla base delle indicazioni ricevute dall’inserzionista in base al CPC Max ovvero il costo a click massimo e/o ad altri fattori tipici del comparatore. L’algoritmo del comparatore può ridurre il proprio margine e scegliere di passare l’inserzione oppure no.

Ad oggi sussiste ancora qualche problemino di visibilità tant’è che lo scorso 22 novembre 2018, Margrethe Vestager, la commissaria responsabile per la Concorrenza ha ricevuto da 14 CEO di comparatori europei una lettera con l’invito a verificare se Google rispettasse le prescrizioni della Commissione e venissa assicurata pari opportunità di visualizzazione alle aste agli altri CSS Partner;  dalla documentazione allegata sembra che Google vinca almeno 4 volte su 6.

Anche se Google consiglia di attivare il suo e quello di altri CSS Partner per lavorare in maniera combinata, senza limiti di numero di merchant attivabili, io salvo eccezioni mi fermerei a due, suddividendo il budget in 50:50.

Il CSS Partner, utilizzerà il feed principalmente per arricchire offerte e prodotti nel proprio portale (quasi tutti hanno il proprio) pertanto consiglio di verificare attentamente le policy, le lingue disponibili, i paesi in cui verrà mostrato il prodotto, le categorie di prodotti gestiti e soprattutto il costo a click minimo, perchè potreste avere amare sorprese; senza un monitoraggio e un’ottimizzazione costante potreste ottenere il risultato contrario tali da generare alti ed altri costi. Ricordo che i prodotti vietati saranno gli stessi previsti dalla policy di Google Shopping.

Il programma CSSs Partners opera solo nei paesi dell’EEA (European Economic Area) che comprende l’Unione Europea a 28, ovvero Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Portogallo, Spagna, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito, a cui si aggiungono Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.

Qui trovi la fonte ufficiale su Google.

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